La Sardegna non è solo mare meraviglioso, spiagge e sere d’estate a passeggiare lungo il porto di qualche località rinomata. La Sardegna è questo ma è anche molto altro. In sardegna mangiamo il “porcetto“, gli “gnocchetti” e beviamo ettolitri di “mirto”, soprattutto quello che facciamo in casa e che è davvero una bomba alcolica, ma non solo questo. Abbiamo decine di piatti tipici, tradizioni, costumi e meraviglie che la maggior parte di quelli che sono stati qui in vacanza non ha avuto la fortuna di conoscere e scoprire.
Ad un turista sbadato, la Sardegna, può sembrare solo questo, un’isola circondata da un mare meraviglioso. E invece è un piatto più complesso, ricco e pieno di ingredienti dai gusti diversi ma ben amalgamati. Per stare in tema marino potremmo dire che è come uno “spaghetto allo scoglio” ben cucinato.
E’ una terra magica, affascinante e ricca di storia e come ha detto (molto meglio di quanto io possa sperare di fare in queste poche righe) lo scrittore D. H. Lawrence parlando proprio della Sardegna: “Questa terra non assomiglia ad alcun altro luogo“.
Io oggi vorrei portarvi con me, a pochi chilometri dalla città in cui vivo, per farvi scoprire un angolo di paradiso, a cinque minuti di auto, ma che in realtà sembra completamente fuori dal tempo.
Vi presento la tomba dei giganti di “Su monte e s’abe”.
Ma non fatevi ingannare dal suo nome. I giganti non hanno nulla a che fare con questo monumento funerario risalente all’età nuragica. Si tratta piuttosto di una sepoltura collettiva che non faceva distinzioni di rango. Questa di Olbia, anche se non ha una stele imponente come altre molto più famose, si può considerare la più grande della Sardegna grazie al suo corridoio funerario megalitico, lungo ben 28,5 metri, coperto da lastre di granito orizzontal. Il corridoio è stato datato al 1800 AC (età prenuragica), mentre l’Esedra composta da lastroni a coltello con scalino alla base, risale al 1500 AC (età nuragica).
In sardegna si trovano pià di 300 tombe sparpagliate in tutto il territorio e la cosa più affascinante è che si trovano esclusivamente qui, non ne esistono di simili altrove. Quando sabato scorso sono tornata per scattare altre foto, ho avuto la piacevole sorpresa di trovare in questo sito, solitamente deserto, le scuole della città, impegnate a dare vita all’evento “Monumenti aperti“. Due gentilissime studentesse del locale liceo scientifico ci hanno preso per mano e raccontato la storia di questo monumento e grazie a loro ho potuto scoprire che non sono stati trovati resti ossei nella tomba (forse per via del granito) ma solo manufatti in ceramica che per ora sono esposti in un Museo a Sassari.
Piccola curiosità da prendere con le pinze, ci sono diverse teorie che attribusicono alle pietre di questi monumenti poprietà curative legate al magnetismo terrestre. Pare che sia sufficente sdraiarsi su una di queste lastre, coi piedi nudi a contatto con la “Madre Terra” per sentirtsi subito pieni di energia e per liberarsi da piccoli malesseri. Ma questa è un’altra storia…
Vi starete chiedendo cosa ha a che fare il castello del titolo con questa tomba nuragica. A livello di corrispondenze temporali proprio nulla, ma questo castello dell’epoca medievale si trova proprio di fronte a questa tomba, come dimostra la foto che ho scattato stando dietro il corridoio funerario.
Il castello Pedreso o di Pedres che dir si voglia è uno dei tanti castelli medievali che si possono trovare in Sardegna. E’ abbarbicato su una collina alta circa 100 metri dalla quale si domina tutta la zona circostante. La sua costruzione è datata tra il 1296 e il 1322 nel periodo di dominazione Pisano-Aragonese.Il castello si componeva di due piazzali cinti da mura, integrate nella roccia naturale. E’ ancora visibile il mastio con un altezza di più di 10 metri, una stanza diroccata e una con volte a crociera.
Ricordo ancora come se fosse ieri una gita con pochi amici e una chitarra ai tempi del liceo. Armati di zaini ci siamo arrampicati per la lunga e ripida scalinata che porta al castello. Questa scalinata pare che sia stata costruita durante la guerra, quando il castello era stato usato come base anti aerea.
Ovviamente la vista è spettacolare e il silenzio che circonda questi resti è magico e ogni volta che ci torno per una gita mi sembra di fare un salto indietro nel tempo. Qui tutto è sempre uguale e se chiudo gli occhi ho ancora quindici anni e canto vecchie canzoni americane con tutto lo struggimento che solo l’adolescenza può dare.
E riandarci per scattare altre foto per accompagnare questo post ha contribuito a creare un nuovo ricordo che rimarrà legato per sempre a questi luoghi. Ma poi risali in macchina e lasci il silenzio e la quiete e rientri in città e una volta a casa le emozioni che provi cercano un modo per venire fuori. E penso che oggi mi manca un camino, un fuoco acceso e una poltrona dove scaldarmi. E penso anche che tutto questo affollarsi di pensieri non può trovare pace solo con un post. E penso che ho voglia di andare in cucina e mettere sul fuoco qualcosa di speciale che si sposi perfettamente con lo spirito di questi posti.
Io ho scelto di concludere questo viaggio preparando una “zuppa gallurese”, un piatto povero della tradizione sarda e dal sapore antico. Semplice da preparare. Richiede solo un po’ di cura e ingredienti di ottima qualità. Per prima cosa bisogna procurarsi il pane di grano duro come quello della foto, tagliato a fette sottili e lasciato indurire un paio di giorni. Della menta fresca. “Sa panedda” ovvero il formaggio fresco a forma di panetto come nella foto e per finire un bel pezzo di carne di pecora. Qui apro una parentesi per dire che se non avete la carne di pecora o trovate il suo sapore un po’ troppo “audace” per i vostri gusti potete tranquillamente e senza sensi di colpa sostituirlo con della carne di vitello. Anche la casa e i vostri vicini ve ne saranno grati. Gli ingredienti principali sono pochi ma decisi e il risultato finale dà vita ad un piatto unico e speciale che ha il sapore di questa terra. Ecco la ricetta che prepariamo a casa nostra.
Zuppa gallurese
Ingredienti per 2 teglie da 20 cm
1 panedda di formaggio fresco vaccino
1 pane di grano duro
3/4 cucchiai di menta fresca
3 cucchiai di saporita
per il brodo di carne
3 pezzi di carne di vitello o pecora o entrambe per un brodo misto
1 cipolla grande
2 gambi di sefano
1 spolverata di pepe
1 dado vegetale
1/2 carota
1 cucchiaio di olioQualche giorno prima tagliare dei rametti di menta fresca e lasciarli seccare.
In una pentola capiente versare 1 lt e 1/2 di acqua, 1 cipolla tagliata in 4 parti, due gambi di sedano, 1/2 carota, il dado vegetale, il pepe e la carne. far cuocere a fuoco medio a pentola coperta per almeno 1 ora. Filtrare il brodo e lasciarlo raffreddare.
Tagliare il pane a fette sottili e rivestire il fondo della teglia. Coprire questo primo strato di pane con abbondante formaggio fresco grattugiato. Spolverare lo strato di formaggio con la mente secca. Coprire il formaggio con uno strato di pane tagliato sottile, ricoprire il pane con formaggio e spolverare con un pizzico di saporita. Sistemare un ultimo strato di pane e formaggio. Una volta che il brodo sarà abbastanza freddo versarne almeno 2 tazze sopra la zuppa in modo da bagnare bene tutti i vari strati. Il brodo dev’essere freddo per non cuocere il formaggio durante quest’ultima fase così da formare poi in cottura la tipica crosta dorata e croccante. Il quantitativo del brodo nella zuppa in questo caso può essere solo indicativo perchè la vera magia di questo piatto è riuscire ad azzeccare la giusta dose di brodo. Cuocere in forno caldo per 40 minuti a 180°. E’ cotta quando sulla superfice si forma una crosta dorata.
Per spiegare meglio la preparazione dei vari strati ho fotografato i passaggi:
La zuppa è un piatto davvero completo che viene preparato durante le feste ed eccola appena sfornata.
Questo post e questa ricetta sono stati preparati appositamente per il contest Cib’Arte organizzato dal blog di Simona’s kitchen